Spesso, mi lamento di dove vivo,
per il fatto che sia molto isolato, perché con tutti i sempreverdi che ci sono
non ho la soddisfazione di vedere le stagioni passare. Però, ci sono volte in cui adoro le mie
colline, e mi rendo conto della fortuna che ho, con questo posto che riesce
sempre a sorprendermi. Basta girare l’angolo e trovare, grazie alla pulce
nell'orecchio che ti ha messo un pannello bianco con una freccia verde, una
stradina che ritenevi chiusa di nuovo aperta, che ti fa piombare in paesaggi
degni della Contea, la terra degli Hobbit nel Signore degli Anelli di Tolkien.
Questa scoperta l’ho fatta
qualche giorno fa, in una passeggiata di fine pomeriggio che si è protratta
fino a sera, tanto che quando sono tornata a casa mia madre mi ha accolta con
un “Finalmente!” al quale io ho risposto con un sognante “Ho trovato la Contea”.
Spronata dal fatto che non c’erano né cagnetti fastidiosi sulla strada né
ciclisti (altra cosa strana, perché qui di solito non se ne vedeva neanche
l’ombra), avevo infatti seguito quella freccia verde e trovato la stradina
aperta e con un pannello indicante che ci potevano passare pedoni, ciclisti ed
animali da soma e trasporto. Non appena ho cominciato ad addentrarmi in quel
sentiero in mezzo alla vegetazione, mi è sembrato di varcare uno di quei
paesaggi fantastici e pieni di pace descritti da Tolkien. Sulla mia destra,
campi dai quali di tanto in tanto arrivava il suono della campana di un qualche
animale al pascolo, sulla mia sinistra il bosco, davanti a me quel piccolo
sentiero tra le alte piante di cardo, di more, di finocchio e selce. E
dappertutto, la melodia degli uccelli, nel loro ultimo canto prima della notte,
e del ruscello che scorreva sulla mia destra, quello stesso ruscello del quale
fin da piccola sognavo di scoprire la fonte. Non vi dico la mia emozione quando
ho visto davanti a me innalzarsi uno dei piloni del tratto ferroviario. Ne ho
già trovato uno in un’altra stradina in mezzo alla foresta vicino a casa, e c’è
sempre la stessa emozione di meraviglia di fronte a quelle immense arcate
costruite ai tempi del fascismo. Nonostante siano qualcosa di artificiale, non
penso che stonino con il paesaggio, ma che anzi gli diano più fascino.
C’era qualcosa che mi attirava,
che mi diceva di proseguire per scoprire dove quel sentiero, d’improvviso più
aperto, andava a finire. Ma la sera era decisamente avanzata, ed il fatto che
il ciclista che avevo poco prima incrociato non fosse ancora tornato mi faceva
pensare che forse il percorso era decisamente lungo. Così, seppur a malincuore,
sono tornata indietro, ripromettendomi, ovviamente, che sarei tornata il prima
possibile.
Ed è quel che ho fatto ieri,
alzandomi di mattina prima che iniziasse il gran caldo in modo da avere più
tempo. Nella mia borsa, una bottiglietta d’acqua, la fotocamera e l'mp3, che ho
ascoltato per un po’ ed infine ho lasciato perdere per lasciarmi cullare e
coinvolgere dai suoni della natura. Il percorso all'inizio era forse lo stesso,
ma mi riservava qualche sorpresa. Infatti, ho trovato sulla mia strada una
bella tartaruga terrestre.
Amo le tartarughe terrestri.
Quelle d’acqua hanno la grazia del nuoto dalla loro, ma queste...le trovo
buffe, nella loro goffaggine e nel loro coraggioso avanzare contro ostacoli
vegetali e non. Ed in ogni caso, sorpresa delle sorprese, non sarebbe stata
l’unica che avrei incrociato! Ben due sono seguite a quella, una che prima si è
fatta annunciare per tutto il fracasso che faceva spostando la vegetazione...
...ed un'altra proprio nel bel
mezzo del sentiero, che quando mi ha sentita arrivare si è velocemente
rifugiata nel suo guscio per poi, una volta che mi sono messa davanti a lei ed
ha capito che non correva alcun pericolo, lentamente, un poco ad ogni respiro,
è uscita per osservarmi.
Oltre alle tartarughe, a farmi
compagnia c’erano anche miriadi di libellule nere e farfalle di tutti i colori,
arancioni striate di nero, violette, bianche, e quelle grandi dalle ali color
avorio ritagliate in piccoli rombi da strisce nere. Le mie preferite. Credo
inoltre di aver spaventato mezza popolazione pennuta della zona, tra poiane,
ghiandaie e corvi.
Ho attraversato diverse piccole
pozze d’acqua che si gettavano nel fiumiciattolo alla mia destra. Lungo il
percorso, cambiava. Mutevole, poteva essere rapido quando immobile e con
un’infima pellicola opaca sopra, profondo qualche decina di centimetri quanto
impantanato, visibile così come coperto da strati e strati di rovi. Vicino alla
prima di queste pozze d’acqua, oltre alle tracce degli pneumatici di bici, ho
trovato impronte ben diverse...
Cinghiali! Non so quanti,
purtroppo non so leggere bene le tracce animali, ma sono riuscita a distinguere
sia delle impronte grandi che di più piccole. Una famigliola deve essere
passata lì di notte, quando tutto è calmo.
Anche la strada, come il fiume,
era mutevole. Da quel piccolo sentiero tra le erbe che avevo seguito
all'inizio, si allargava per lasciar intravvedere strati di foglie cadute e
muretti, grosse pietre coperte di rovi
ai quali si arrampicano fiori dalle bianche corolle a campanula o muschio,
campi incolti delimitati da fichi, per poi tornare a diventare un sentierino in
mezzo alla vegetazione. Personalmente, ho preferito queste parti, è bellissimo
essere circondati da piante più alte di te e alberi. Ed inoltre, sulla riva del
fiume, è arrivato l’albero che, per tutta una serie di motivi, dico che mi
perseguita. Un enorme e maestoso salice piangente. Ce n’era già uno fuori dal
laboratorio degli scavi. Ce n’è uno poco lontano dall'imboccatura della strada
per la Contea. Dovunque io vada, state sicuri che ad un certo punto incrocerò
un salice piangente. Molti lo vedono come un albero triste, con quei rami che
s’incurvano sino a terra, ma a me non ha mai trasmesso questo sentimento. Come
le querce, sono maestosi, ma se la quercia è forza bruta nella sua maestosità,
il salice è grazie ed eleganza. Per questo, insieme alla quercia, è il mio
albero preferito.
D’improvviso, la strada è
diventata sempre più pietrosa, finché al mio lato sinistro si è aperta in un
grande campo. Dopo la natura quasi selvaggia, era come se ci fosse qualcosa di
più controllato, in quello spazio. Lentamente, anche il paesaggio è cambiato, e
degli alberi hanno cominciato a circondarmi. Poco prima di addentrarmi nel loro
fitto ho trovato una biforcazione, ma ho preferito tirare dritto. Accanto a me,
nel campo erano spuntate delle strane formazioni rocciose coperte di
vegetazione che mi facevano un po’ pensare ai funghi.
E poi, gli alberi hanno lasciato
il posto alla roccia.
Mi chiedevo decisamente dove
fossi finita. Fino a che, d’un tratto, poco oltre una pozzanghera, non ho
trovato una vasca scavata nella roccia.
E a qualche metro dalla vasca...
La fonte, tanto a lungo sognata,
del ruscello di casa mia! Non vi dico che emozione è stata. Un sogno di bambina
che d’improvviso si realizzava! L’acqua freschissima esce da una fenditura
nella roccia, si impantana un po’ e poi diventa il fiumiciattolo che ho sempre
conosciuto e del quale senza saperlo ho seguito il percorso sino alla fonte. Finalmente,
ce l’ho fatta.
Dopo la fonte, la strada diventa
sempre più civilizzata, una sorta di strada bianca, come qui vengono chiamate
alcune stradine di campagna. Il caldo era forte e l’ora tarda, ma la curiosità
che mi spingeva sin dall'inizio della mia passeggiata c’era sempre, e mi
spronava ad andare avanti, almeno fino ad avere un indizio della zona in cui mi
trovavo. Così, mentre al mio lato la lussureggiante vegetazione che avevo visto
prima era ormai irrimediabilmente sostituita da campi visibilmente ben tenuti e
intravvedevo una prima casetta su un’altura, ho continuato. Ho scoperto diversi
nuovi sentieri, uno dei quali sembra tornare a qualcosa di simile alla foresta.
Gli altri, continuano in strade bianche. Tutto questo, finché, d’un tratto, non
hanno cominciato ad apparire accanto a me i grandi cancelli delle case di
campagna. Però, c’era anche qualcos'altro, un rumore di sottofondo che dopo il
canto degli uccelli ed il mormorio dell’acqua sembrava quasi una nota stonata
nel mondo. Macchine, che d’improvviso ho visto in lontananza su una
superstrada, insieme ai camion. Il ritorno improvviso alla civiltà. Ma ancora,
non sapevo dove fossi finita. Così, ho
continuato, finché d’un tratto è sbucato fuori un cartello stradale con scritto
‘Strada Vicinale Sos Laccheddos’. Zona mai sentita prima...ma mi sono
ripromessa di cercare su internet. Quindi, sono tornata indietro, accaldata ma
aiutandomi ascoltando musica, anche perché era oltre mezzogiorno e volevo
andare ad un’andatura più sostenuta. Non so perché, ma ascoltare musica mentre
cammino mi fa andare più veloce. Ho fatto cinque minuti di pausa alla fonte,
anche per rinfrescarmi, sennò sarei morta di caldo. Avevo camminato
praticamente senza interruzione per due ore e mezza. Il ritorno è stato
decisamente più rapido. Ci ho messo un’oretta, senza contare la ventina di
minuti che ci sono tra l’imboccatura della strada per la Contea e casa mia.
Sulla strada, ho incontrato un’altra tartaruga. Credo che fosse la prima che
avevo visto all'andata, perché era più o meno nello stesso punto.
E così, sono tornata a casa.
Felice per la mia impresa, e non vedo l’ora di ritornarci, anche se magari
quando farà un po’ meno caldo. Mi sono informata su internet, è ho scoperto
molte cose.
La strada nella foresta si chiama
‘Strada Vicinale Barca’. Anche se di vicinale ha ben poco, visto che non c’è
l’ombra di una casa. Anticamente, era utilizzata da carri e contadini a piedi
che venivano dalla zona di Monte Bianchinu, a Sassari, per utilizzare i mulini
che si trovano nella mia zona, alcuni dei quali oggi sono diventati case di
campagna. Prende il nome dall'omonima fonte, chiamata Fonte Barca. Il perché di
questo nome, ancora non l’ho scoperto, ma state sicuri che ce la farò. La fonte
com'è oggi, con quel tubo che ne facilita l’uso, è stata sistemata nel XIX
secolo. La strada, invece, è stata riaperta da qualche mese nell'ottica di un
progetto del Comune di Sassari, che vuole riaprire alcune antiche e oggi
dimenticate strade usate dalle comunità della zona fino a qualche decennio fa
per poter fare un percorso di escursione e trekking che circondi la città e
alla fine sia di circa 30 chilometri. Credo che sia un progetto decisamente
intelligente, non solo per far scoprire la storia di questa zona ma anche
semplicemente per offrire il piacere di una bella passeggiata nella natura
incontaminata. Piacere del quale approfitterò senz'altro ancora e che spero di
avervi fatto un po’ sentire con questo post. Grazie per aver letto, e a presto!