domenica 3 settembre 2017

Partire

Se c'è una cosa che ho sempre odiato, fin da piccola, sono le partenze. Non importa che io sia certa che rivedrò quella persona che parte o che lascio indietro di lì a una settimana o un mese, le partenze mi hanno sempre messo l'ansia. Ho sempre avuto bisogno di avere chi amo intorno, e sapere che per un certo periodo ci sarà un'assenza e non potrò più condividere bei momenti insieme mi affossa. Negli ultimi due anni, poi, con gli andirivieni di me o del mio ragazzo tra Firenze e Sassari, le partenze sono diventate una specie di fobia. Sto male, ho le lacrime agli occhi, da una parte vorrei partire subito per non avere più questa sofferenza, dall'altra vorrei cercare di gustarmi ogni momento insieme. E le ansie quotidiane peggiorano solo le cose.

Stavolta, dovrebbe essere l'ultima. Lo spero con tutto il mio cuore, perché sarebbe il dolore prima della Gioa. La gioia di non dover più partire, di non avere sempre l'ansia di non riuscire a vedersi per mesi e di stare attaccati al telefono la sera senza la garanzia di poter avere una conversazione accettabile. La gioia di poter andare al cinema una volta la settimana approfittando dello sconto studenti, a vedere le peggiori nerdate come i migliori film d'autore. Di uscire con gli amici e bere un bicchiere insieme. Di portare a spasso il cane. Di andare ogni fine settimana a visitare un monumento o una mostra tutti e due, risoluzione presa di recente, questa.

Odio dover lasciare indietro una parte di me, ma al tempo stesso non vedo l'ora di iniziare veramente questa vita. Sarà dura, questo mese e mezzo fuori casa ha avuto momenti infernali perché l'ambiente è completamente diverso da quello da cui vengo, più frenetico e crudo. E io sono abituata alla calma, alla gente che non inizia a smattare, come si dice qui a Firenze, per un oggetto che non è a posto ma che anzi scherza sulla tua distrazione. Ed è una parte del mondo da cui vengo che amo, quella di non prendersi sul serio, e che vorrei mantenere come mia. Voglio cambiare, ma non così tanto. Voglio continuare a fare la mia tazza di tè tutti i giorni, a leggere un capitolo la sera, a camminare per i miei sette chilometri quando ci riesco. Cerco posti per fare escursioni, giardini da visitare -dopo Villa Fabbricotti e l'Orticoltura il prossimo ho deciso che sarà Boboli, anche se è lontano. Voglio poter riflettere maggiormente su me stessa e sui miei valori, su ciò che mi farebbe stare meglio nei periodi in cui sono giù e mi ritrovo a piangere per niente. Voglio tornare a meditare e a filosofeggiare sulla Natura e sul rispetto che le dobbiamo, da brava mezzo pagana come ormai mi definisco insieme ad atea. Non credo in una divinità, credo sollo alla Terra e al rispetto che le dobbiamo, perché senza di lei e alla chimica saremmo ancora polvere di stelle. Non si merita ciò che le stiamo facendo. Cerco di concentrarmi su questa voglia di cambiare, di attaccarmi a questi pensieri per poter uscire da questo periodaccio e da questa ansia che mi crea la mia nuova partenza. Devo mutare pelle, è difficile, ma ancora qualche spinta e ce l'avrò fatta. Per essere più tranquilla, e realizzata.



Bon voyage, Ko.

sabato 29 luglio 2017

Mi capita spesso, ultimamente, di pensare alla me che ha aperto questo blog. Era quello che si chiama un periodo buio, di quelli in cui ti senti talmente male che anche la luce del giorno sembra meno viva di quello che è in realtà. Per voltare pagina, chiusi addirittura il mio blog precedente, il tanto amato Where is my mind? che mi aveva fatto scoprire questa fantastica realtà virtuale e tante persone che, più o meno, a volte per vie traverse, seguo ancora.

Foglie d'Erba ha avuto una storia di alti e bassi. L'università mi ha preso tanto tempo, mi ha prosciugato la voglia di fare cose diverse che studiare o leggere. Solo da poco sto riuscendo a ritrovare qualche altro spazio, per colorare, per esempio, una piccola passione sorta un po' più di un anno fa, oppure per bere un té. O, ancora, e questa è la cosa più frivola, per curarmi ogni tanto i capelli con henné, olio di cocco e burro di karité. 

Sono molto cambiata da quella ragazza disperata che apriva un nuovo blog per allontanare l'adolescenza. Sono più felice? Per certi versi, si. Più tranquilla, probabilmente. Da quel periodo a volte mi rendo conto di avere ancora, purtroppo, delle cicatrici che si fanno vedere come testardaggine peggiore di un mulo e un po' di egoismo che devo imparare a gestire. Ma, per il resto, sono più soddisfatta di me stessa, dei miei studi che stanno per finire, almeno nella loro prima parte, e della persona che ora sta accanto a me. 

Ebbene si...mai avrei immaginato che un ragazzo conosciuto proprio in quel periodo, per caso, che abitava in una città come Firenze, lontana anni luce da quella che è la realtà di Sassari, sarebbe diventato un legame così importante che mi avrebbe portata dove sono ora. Seduta alla scrivania dell'Ikea nuova fiammante, ad ascoltare Bob Dylan e a scrivere questo post a notte tarda. 

E' da una quindicina di giorni, ormai, che mi sono trasferita in Toscana. Dopo un paio di giorni a Firenze, siamo andati a Viareggio, alla sua casa al mare, dove rimarrò praticamente fino a inizio settembre, quando tornerò in Sardegna a chiudere tutta quella burocrazia che aveva aperto la triennale  e a laurearmi. Dopo, ritorno in Toscana, inizio della magistrale in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Firenze. Altra cosa che mai avrei immaginato tre anni fa, studiare in una città così bella e nella quale mi sento, anche, davvero bene. 

Lo ammetto, a parte venerdì 21 luglio, quando siamo andati alla Festa dell'Unicorno di Vinci, ho passato gli ultimi quindici giorni tappata in casa a studiare per la tesi. Non era soltanto il lavoro ad impedirmi di uscire, ma anche il fatto che dovevo rendermi conto. Rendermi conto che, in un certo senso, ora sono da sola, non ci sono più mamma e papà a cucinare per me, a scarrozzarmi in giro, a lavarmi i vestiti. In questi giorni ho imparato a fare una lavatrice, ho dovuto superare la mia paura di bruciarmi con l'olio quando preparo qualcosa di fritto, a perdermi in un posto che non conosco. Quest'ultima cosa, l'ho fatta questo pomeriggio. 

Ho sentito il bisogno di fare una passeggiata sulla spiaggia. Così, alle sette, ho messo le mie Converse nere quasi nuove fiammanti e sono uscita di casa per la prima volta. Il mio ragazzo mi ha proposto di portare con me Eva, la sua maremmana, con la quale sta nascendo un grande amore, ma ho rifiutato, non mi sentivo abbastanza sicura. Stasera, poi, ho saputo che dovrei metterle la museruola e non mi va, Eva sarà pure una bestiona che quando mi siedo è alta quanto me ma è brava, mi sentirei come se la torturassi a metterle quella roba attorno al muso. Comunque, da lì ho proseguito lungo la strada che, da quel che mi ricordavo, portava al mare. Non avevo sbagliato. La marina di Pietrasanta assomiglia a tanti posti di mare che ho visto anche in Sardegna, con il suo miscuglio di lingue, di accenti, di carnagioni, e i suoi palazzoni composti solo da appartamenti in affitto ai turisti e a quei toscani che ne hanno abbastanza dell'afa dell'Arno. Due cose sono molto diverse: il fatto che la maggior parte della gente va in giro in bici e le spiagge private. In Sardegna, al contrario che qui, la maggior parte delle spiagge sono libere e, sinceramente, le preferisco di gran lunga. Le spiagge private, con i loro ombrelloni e seggiole tutte uguali, le loro regole, la loro standardizzazione, mi stanno strette. Così, oggi, mi sono diretta alla spiaggia libera. Non c'erano molte persone, e mi sono incamminata fino alla riva. Ho visto tante conchiglie, ciottoli levigati, un granchietto morto. Ho aspirato il profumo del mare al tramonto, ascoltato la sua musica, osservato la luce del sole sull'acqua mentre facevo qualche foto e mi sono sentita bene, a camminare lungo la spiaggia. Non è il bosco, ma è sempre la Natura, che mi mette di buon umore e che alla fine delle mie camminate mi lascia sempre addosso una stanchezza bella, mi fa sentire pulita. La giornata è andata bene, ora ho solo bisogno di un buon libro per dormire sonni tranquilli. Sono tornata indietro in pace con me stessa dopo diversi giorni...finché, non mi sono resa conto che ero sbucata sull'autostrada invece che nel piccolo viale in cui sarei dovuta finire. Per fortuna, il problema si è risolto in fretta. Una chiamata veloce al mio ragazzo, l'inserimento in Google Maps della via in cui abita e dieci minuti dopo ero a casa con Eva che mi faceva le feste. Ancora una volta, me la sono cavata, più o meno da sola, ma me la sono cavata. E il piccolo incidente è stato dimenticato mentre pubblicavo le mie foto su Instagram attendendo che l'acqua della pasta bollisse. 

Sto di nuovo crescendo. E' un po' come finire un libro di un certo genere ed iniziarne uno di tipo completamente diverso. Ho ancora tante paure e dubbi da affrontare, ma, poco a poco, credo che ci riuscirò. Così come credo che riuscirò di nuovo a tenere questo blog, finalmente. Tutti questi piccoli momenti per me stessa mi sono mancati molto.