martedì 5 maggio 2015

Leggere in autobus

E' da un po', ormai, che leggo in autobus. Prima, avevo sempre qualcuno con cui chiacchierare. E ora, da quando vado all'università, mi ritrovo da sola, sia di mattina che di sera. Stare sempre ad osservare le persone mi annoia, e viste certe zone nelle quali passa il mio autobus, spesso la varietà umana che ci incrocio non è nemmeno interessante, se non qualche eccezione. Per cui, cosa c'è di meglio di un buon libro che mentre viaggio sull'autobus mi fa viaggiare anche con la mente?

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Di solito, riesco a leggere in questo modo una ventina di pagine al giorno se mi si lascia tranquilla. E' un bel po', se si conta che da quando sono all'università la sera sono spesso stanca morta e riesco a stare sveglia al massimo una mezzoretta prima che mi si chiudano gli occhi oppure che io non capisca più un'acca delle frasi. Prima, riuscivo a leggere anche una sessantina di libri all'anno...l'anno scorso, appena venti. Anche se di questo fatto incolpo un po' anche l'uomo con il cappello da capitano...per leggere Il Banchetto dei Corvi, vero titolo del quarto volume del Trono di Spade, di nuovo ci sto mettendo più di un mese, e sono circa 750 pagine. Per leggere lo stesso numero di pagine di Robin Hobb, ci metto una decina di giorni. 


Sono sempre l'unica che legge in autobus. Gli altri chiacchierano, ascoltano musica oppure stanno in silenzio. Mi è capitato raramente di vedere altre persone che lo facessero, e ogni volta cerco di spiare il titolo del libro che hanno tra le loro mani. Ciò non vuol dire però che non presto la minima attenzione a chi spesso prende l'autobus con me. C'è una ragazza dai capelli molto corti che però si sta facendo allungare una ciocca che si lega in una treccina (e sospetto che abbia copiato me o la mia amica Chris, visto che siamo state noi le iniziatrici di questo stile e che qui a Sassari sta cominciando lentamente a diffondersi), un'altra che ha un paio di orecchini stupendi a forma di Jolly Rogers. Ogni volta che la vedo, penso che dovrei trovare il coraggio di chiederle dove li ha trovati. C'è anche una coppia. O almeno, penso che siano una coppia. Un uomo e una donna sulla cinquantina, con gli occhiali, sempre silenziosi, entrano a due fermate diverse ma quando il posto accanto all'uno o all'altra è libero si siedono vicini. Altrimenti, si siedono ad un altro posto, ma mai troppo lontani. Scendono al capolinea, come me, e sono sempre l'uno accanto all'altra quando lo fanno. C'è qualcosa, una sorta di aura attorno a loro, che fa sentire che non sono semplici conoscenti, ma qualcosa di più, nonostante non li ho mai visti parlare tra loro ma soltanto scambiarsi semplici e rari sguardi. 


E poi, ci sono io, con i miei libri enormi o brevi, in francese o in italiano, di tutti i generi. Spesso, sono lasciata tranquilla...ma altre volte non è così. Ci sono giorni in cui chi si mette nei sedili di dietro comincia a spingere in avanti il mio schienale con i piedi, facendomi sobbalzare in continuazione. Ci sono ragazzi che si mettono a gridare per cercare di distrarmi. Una donna con un bambino di neanche un anno che lascia che lui mi tiri i capelli mentre il padre dice: "Se glieli tira rido". Quella volta, ho reagito, semplicemente girandomi, facendo un bel sorrisone al bambino e dicendogli "Ciao". Da allora, i genitori si mettono a distanza da me. 

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Però, nonostante questi piccoli disturbi, non penso mai di smettere. Se c'è una cosa che ho imparato ultimamente, è quella di non soffrire per chi non si merita la mia sofferenza, non smettere di essere me stessa perché potrei essere presa in giro o ritenuta 'strana', un appellativo che tanto mi insegue dalla fine della terza media se non da prima. Ci sarà chi penserà che è sbagliato eccetera. Ma non me ne curo. Io sono così. E' forse egoista, ma dall'altra parte odio le apparenze e le ipocrisie, le ho sempre odiate. A volte, riguardo le mie attività, c'è chi mi dice: "Ah, lo farei anche io se...". No cara. Fallo è basta, fregandotene degli altri. Se la gente che ti è vicina ti vuole stampata a modello standard, allora vuol dire che non ti vuole realmente bene, che non ti apprezza per ciò che sei ma per ciò che appari. E non è giusto, non è un vero sentimento. Per cui, continuerò a leggere in autobus, perché se c'è un momento della giornata che apprezzo, è quello in cui apro la zip della mia borsa ed estraggo il mio libro...

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