Non so se molti di voi seguano la
serie tv Il Trono di Spade. Questo post non parte dalla polemica che in questi
giorni si è creata e che spiegherò, ma piuttosto da alcune parole dell’autore
dei libri ai quali la serie si ispira (e che sto leggendo proprio in questo
periodo) che mi hanno lasciata piuttosto perplessa.
Ora vi spiego cosa ha originato
lo scandalo. Se non volete spoiler, non leggete tutto quello che è scritto in
caratteri colorati. Altrimenti, proseguite pure.
Nella serie, è successo questo:
Sansa Stark, dopo aver sposato il sadico Ramsay Bolton, durante la prima notte
di nozze viene violentata dal marito, e Theon Greyjoy, che è praticamente
cresciuto insieme a Sansa, è costretto da Ramsay a stare a guardare.
E’ una differenza sostanziale
rispetto ai libri. In questi, infatti, Sansa viene portata da Ditocorto al Nido
dell’Aquila, e promessa sposa ad un cugino per poi, forse, attraverso gli
intrighi di Ditocorto, riprendersi il Nord in mano ai Bolton...ma questo si
vedrà nei prossimi libri. Ad essere data in sposa a Ramsay è una finta Arya
Stark, la sorellina di Sansa che nel frattempo, dopo molte peripezie, è finita
a servire il Dio dai Mille Volti nella città libera di Braavos nella speranza
di poter così compiere la sua vendetta. In realtà l’impostora è Jeyne Poole, la
migliore amica di Sansa che avevamo perso di vista alla fine del primo libro. La
ragazzina, dopo le nozze, incontra un destino simile a Sansa Stark nella serie
televisiva, simile certo, ma peggiore. E qui non mi dilungo.
Su questa questione, ho visto la
scena ‘incriminata’ (miracoli di youtube...). La cosa ha sollevato un polverone,
facendo parlare le associazioni femministe e addirittura una senatrice
americana per un atto di violenza tanto gratuito su un personaggio che tra
l’altro ne ha già viste tante. Personalmente, penso che si sia visto ben di
peggio nella serie del Trono di Spade. Nell’episodio delle Nozze Rosse, dove la
madre e il fratello maggiore di Sansa vengono assassinati, ci sono donne
incinte pugnalate al ventre, gole tagliate e tanto altro ancora. Qui la
violenza è fisica, si vede il sangue, il brillare dell’acciaio. Nella scena di
Sansa, invece, la violenza è fuori campo. Il tutto è concentrato sul viso
disperato di Theon che assiste e sulla grida della ragazza, e inoltre dura
qualche secondo. Una violenza più che altro ‘psicologica’, quindi. Non dico che
non sia grave, ma questa serie campa su morti, violenza e immoralità sin dal
suo primo episodio. Se si volevano fare polemiche, si poteva farlo da prima,
no?
Ora, arriviamo alla questione principale
di questo post. Lo scrittore George Martin, sin dalle prime ore dopo la
diffusione dell’episodio, si è ritrovato sommerso di mail e messaggi indignati
di fan e ne ha scritto anche sul suo blog (qui trovate il suo post). Le
critiche, oltre alla gratuità della violenza subita da Sansa, riguardavano
anche la differenza abissale tra libri e serie. Differenza, tra l’altro, che
non riguarda soltanto la storyline di Sansa, ma anche altre. Insomma, quello
che sta accadendo è che mano a mano che le stagioni passano, la serie si stacca
sempre di più dalla storia originale raccontata nei romanzi. A questo, Martin
ribatte con queste parole: “Molti mi hanno domandato di commentare questa scelta narrativa: io rispondo così, la serie è la serie, i libri sono i libri e ci sono modi diversi per raccontare una storia. Le differenze tra i due prodotti ci sono state dal primo episodio della prima stagione, sarebbe impossibile replicare pedissequamente ogni scena!”. La traduzione l’ho presa da
questo articolo di BestMovie.it, sito sul quale le ho tra l’altro lette per la
prima volta. E qui, c’è quello che più mi ha turbato di tutta la polemica.
Ciò che mi disturba, e molto,
nelle parole di Martin, è la definizione della serie ed in particolare del
libro come di un ‘prodotto’. Sentirlo per bocca di uno scrittore, di chi è
all'origine della serie letteraria, mi lascia piuttosto perplessa a causa
dell’accezione di ‘prodotto’. Prodotto come mero bene di consumo, semplice cosa
per fare soldi. Dov’è, allora, l’ispirazione, la creazione, l’estro, tutte
quelle cose che dovrebbero caratterizzare uno scrittore che è anche un artista?
Dov’è quella passione non proprio razionale che ti porta a scrivere le storie
che la tua mente così misteriosamente origina? In un prodotto, io non vedo
tutto questo. Vedo qualcosa di materiale, per fare soldi e basta. L’idea che
qualcuno scriva solamente per questo, e lo faccia anche in modo consapevole, me
lo fa scendere nella stima, e Martin aveva già cominciato a starmi un po’ sui
nervi con altre dichiarazioni e fatti. Un esempio è questo: solitamente, uno
scrittore fa presentazione in particolare quando escono i suoi libri, ed è
anche tartassato dalla sua casa editrice che gli chiede in continuazione un
nuovo romanzo. Robin Hobb (si, lo so, vi sto ossessionando con questa donna) è
spesso in giro per fiere e librerie, ma praticamente pubblica un libro all’anno,
anche di 700 pagine. E Martin? Lui è molto conosciuto proprio per la lunghezza
dei suoi tempi di pubblicazione. Il primo volume del Trono di Spade è stato
pubblicato negli Stati Uniti nel 1996, il quinto nel 2011. Il sesto è
annunciato per il 2016, ma la notizia non è per nulla certa. Martin ha
l’abitudine di rinviare la data. Va bene, i suoi libri sono dei mattoni e la
trama è complicatissima, ma in quattro anni uno scrittore altrettanto
conosciuto, Ken Follett, è riuscito a scrivere una trilogia altrettanto
complessa che consta di più di tremila pagine, la Century Trilogy. Ma ora sto
divagando, e inoltre chi sono io per criticare i tempi di pubblicazione?
In questi quasi vent’anni, e
soprattutto da quando la serie tv ha cominciato ad avere tutto il successo che sta
avendo, vediamo Martin dappertutto. Eppure non pubblica un libro da quattro
anni, a parte quelli collaterali al Trono di Spade e quelli che scrive a quattro mani con altri scrittori. E ancora una volta non è un libro all'anno. Già questa cosa non la trovo molto normale.
Ma torniamo al termine
‘prodotto’. Va bene, si, un libro è un prodotto che porta economia, e in
effetti uno dei motivi per cui un editore te lo compra è quello di farci soldi.
Ma è un editore, qualcuno che fa questo di mestiere. Insomma, è già più normale
che lui ne parli come di un prodotto. E i prodotti non sono sempre di qualità.
Basti vedere quanti romanzetti rosa o erotici sul modello di 50 sfumature di
grigio si trovano ultimamente in libreria. Ma che lo faccia uno scrittore,
ripeto, mi sembra già meno normale. Annulla tutta la magia che sta dietro la
creazione di una storia, tutto l’entusiasmo e l’emozione di quando crei il tuo
piccolo mondo personale con le tue creaturine. L’affermazione di Martin mi fa
invece pensare che questa serie lui se la sia costruita a tavolino, guardando
quello che piace alla gente e mettendocelo tanto per assicurarsi il successo e
guadagnare così un pacco di soldi. Un’operazione che mi piace molto poco da chi crea l’arte. Sinceramente, per aver provato nel mio piccolo cosa vuol dire
scrivere, mi disgusta anche un po’.
Probabilmente il mio è il punto
di vista di una sognatrice, di qualcuno che non ha del tutto i piedi per terra.
Beh, io sono fatta così, fa parte del mio essere, probabilmente è anche
infantile ma non ci rinuncerei per nulla. Per altre cose, vi assicuro che ce li
ho, i piedi per terra. E tra l’altro, se fossi un’autrice dai cui libri stanno
traendo un film o una serie tv sarei molto offesa se la storia che ho costruito
diventasse tutt’altra. Credo che reagirei un po’ come Ursula K. Le Guin, che,
dopo aver visto la miniserie canadese tratta dalle sue Cronache di Terramare (che un
giorno riuscirò ad iniziare, spero), si è addirittura chiesta se i produttori
avessero capito il senso dei suoi romanzi.
Ironicamente, ho letto queste
parole proprio il giorno in cui ho comprato il quinto libro. Questa serie, con
la sua scrittura pesante, il ritmo lento e i personaggi che non fanno altro che
rimuginare per capitoli interi su quanto avvenuto due libri prima, mi sta un
po’ annoiando, tranne alcune storyline. Lo ammetto. Eppure, continuerò a
leggerla, perché bene o male voglio sapere come va a finire. Forse questo vuol
dire che non sono del tutto annoiata. Mi è capitato di abbandonare delle serie
che erano peggiori di questa. L’unica cosa è che non mi va di spendere tutto il
prezzo di copertina. Per cui, continuerò la mia strategia: ne comprerò un
volume appena raggiunti i fantastici 50 punti della Giunti card e il suo
sconto. E basta.