lunedì 25 maggio 2015

Il Trono di Soldi?

Non so se molti di voi seguano la serie tv Il Trono di Spade. Questo post non parte dalla polemica che in questi giorni si è creata e che spiegherò, ma piuttosto da alcune parole dell’autore dei libri ai quali la serie si ispira (e che sto leggendo proprio in questo periodo) che mi hanno lasciata piuttosto perplessa.


Ora vi spiego cosa ha originato lo scandalo. Se non volete spoiler, non leggete tutto quello che è scritto in caratteri colorati. Altrimenti, proseguite pure.

Nella serie, è successo questo: Sansa Stark, dopo aver sposato il sadico Ramsay Bolton, durante la prima notte di nozze viene violentata dal marito, e Theon Greyjoy, che è praticamente cresciuto insieme a Sansa, è costretto da Ramsay a stare a guardare.
E’ una differenza sostanziale rispetto ai libri. In questi, infatti, Sansa viene portata da Ditocorto al Nido dell’Aquila, e promessa sposa ad un cugino per poi, forse, attraverso gli intrighi di Ditocorto, riprendersi il Nord in mano ai Bolton...ma questo si vedrà nei prossimi libri. Ad essere data in sposa a Ramsay è una finta Arya Stark, la sorellina di Sansa che nel frattempo, dopo molte peripezie, è finita a servire il Dio dai Mille Volti nella città libera di Braavos nella speranza di poter così compiere la sua vendetta. In realtà l’impostora è Jeyne Poole, la migliore amica di Sansa che avevamo perso di vista alla fine del primo libro. La ragazzina, dopo le nozze, incontra un destino simile a Sansa Stark nella serie televisiva, simile certo, ma peggiore. E qui non mi dilungo.
Su questa questione, ho visto la scena ‘incriminata’ (miracoli di youtube...). La cosa ha sollevato un polverone, facendo parlare le associazioni femministe e addirittura una senatrice americana per un atto di violenza tanto gratuito su un personaggio che tra l’altro ne ha già viste tante. Personalmente, penso che si sia visto ben di peggio nella serie del Trono di Spade. Nell’episodio delle Nozze Rosse, dove la madre e il fratello maggiore di Sansa vengono assassinati, ci sono donne incinte pugnalate al ventre, gole tagliate e tanto altro ancora. Qui la violenza è fisica, si vede il sangue, il brillare dell’acciaio. Nella scena di Sansa, invece, la violenza è fuori campo. Il tutto è concentrato sul viso disperato di Theon che assiste e sulla grida della ragazza, e inoltre dura qualche secondo. Una violenza più che altro ‘psicologica’, quindi. Non dico che non sia grave, ma questa serie campa su morti, violenza e immoralità sin dal suo primo episodio. Se si volevano fare polemiche, si poteva farlo da prima, no?


Ora, arriviamo alla questione principale di questo post. Lo scrittore George Martin, sin dalle prime ore dopo la diffusione dell’episodio, si è ritrovato sommerso di mail e messaggi indignati di fan e ne ha scritto anche sul suo blog (qui trovate il suo post). Le critiche, oltre alla gratuità della violenza subita da Sansa, riguardavano anche la differenza abissale tra libri e serie. Differenza, tra l’altro, che non riguarda soltanto la storyline di Sansa, ma anche altre. Insomma, quello che sta accadendo è che mano a mano che le stagioni passano, la serie si stacca sempre di più dalla storia originale raccontata nei romanzi. A questo, Martin ribatte con queste parole: “Molti mi hanno domandato di commentare questa scelta narrativa: io rispondo così, la serie è la serie, i libri sono i libri e ci sono modi diversi per raccontare una storia. Le differenze tra i due prodotti ci sono state dal primo episodio della prima stagione, sarebbe impossibile replicare pedissequamente ogni scena!”. La traduzione l’ho presa da questo articolo di BestMovie.it, sito sul quale le ho tra l’altro lette per la prima volta. E qui, c’è quello che più mi ha turbato di tutta la polemica.


Ciò che mi disturba, e molto, nelle parole di Martin, è la definizione della serie ed in particolare del libro come di un ‘prodotto’. Sentirlo per bocca di uno scrittore, di chi è all'origine della serie letteraria, mi lascia piuttosto perplessa a causa dell’accezione di ‘prodotto’. Prodotto come mero bene di consumo, semplice cosa per fare soldi. Dov’è, allora, l’ispirazione, la creazione, l’estro, tutte quelle cose che dovrebbero caratterizzare uno scrittore che è anche un artista? Dov’è quella passione non proprio razionale che ti porta a scrivere le storie che la tua mente così misteriosamente origina? In un prodotto, io non vedo tutto questo. Vedo qualcosa di materiale, per fare soldi e basta. L’idea che qualcuno scriva solamente per questo, e lo faccia anche in modo consapevole, me lo fa scendere nella stima, e Martin aveva già cominciato a starmi un po’ sui nervi con altre dichiarazioni e fatti. Un esempio è questo: solitamente, uno scrittore fa presentazione in particolare quando escono i suoi libri, ed è anche tartassato dalla sua casa editrice che gli chiede in continuazione un nuovo romanzo. Robin Hobb (si, lo so, vi sto ossessionando con questa donna) è spesso in giro per fiere e librerie, ma praticamente pubblica un libro all’anno, anche di 700 pagine. E Martin? Lui è molto conosciuto proprio per la lunghezza dei suoi tempi di pubblicazione. Il primo volume del Trono di Spade è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1996, il quinto nel 2011. Il sesto è annunciato per il 2016, ma la notizia non è per nulla certa. Martin ha l’abitudine di rinviare la data. Va bene, i suoi libri sono dei mattoni e la trama è complicatissima, ma in quattro anni uno scrittore altrettanto conosciuto, Ken Follett, è riuscito a scrivere una trilogia altrettanto complessa che consta di più di tremila pagine, la Century Trilogy. Ma ora sto divagando, e inoltre chi sono io per criticare i tempi di pubblicazione?
In questi quasi vent’anni, e soprattutto da quando la serie tv ha cominciato ad avere tutto il successo che sta avendo, vediamo Martin dappertutto. Eppure non pubblica un libro da quattro anni, a parte quelli collaterali al Trono di Spade e quelli che scrive a quattro mani con altri scrittori. E ancora una volta non è un libro all'anno. Già questa cosa non la trovo molto normale.


Ma torniamo al termine ‘prodotto’. Va bene, si, un libro è un prodotto che porta economia, e in effetti uno dei motivi per cui un editore te lo compra è quello di farci soldi. Ma è un editore, qualcuno che fa questo di mestiere. Insomma, è già più normale che lui ne parli come di un prodotto. E i prodotti non sono sempre di qualità. Basti vedere quanti romanzetti rosa o erotici sul modello di 50 sfumature di grigio si trovano ultimamente in libreria. Ma che lo faccia uno scrittore, ripeto, mi sembra già meno normale. Annulla tutta la magia che sta dietro la creazione di una storia, tutto l’entusiasmo e l’emozione di quando crei il tuo piccolo mondo personale con le tue creaturine. L’affermazione di Martin mi fa invece pensare che questa serie lui se la sia costruita a tavolino, guardando quello che piace alla gente e mettendocelo tanto per assicurarsi il successo e guadagnare così un pacco di soldi. Un’operazione che mi piace molto poco da chi crea l’arte. Sinceramente, per aver provato nel mio piccolo cosa vuol dire scrivere, mi disgusta anche un po’.


Probabilmente il mio è il punto di vista di una sognatrice, di qualcuno che non ha del tutto i piedi per terra. Beh, io sono fatta così, fa parte del mio essere, probabilmente è anche infantile ma non ci rinuncerei per nulla. Per altre cose, vi assicuro che ce li ho, i piedi per terra. E tra l’altro, se fossi un’autrice dai cui libri stanno traendo un film o una serie tv sarei molto offesa se la storia che ho costruito diventasse tutt’altra. Credo che reagirei un po’ come Ursula K. Le Guin, che, dopo aver visto la miniserie canadese tratta dalle sue Cronache di Terramare (che un giorno riuscirò ad iniziare, spero), si è addirittura chiesta se i produttori avessero capito il senso dei suoi romanzi.


Ironicamente, ho letto queste parole proprio il giorno in cui ho comprato il quinto libro. Questa serie, con la sua scrittura pesante, il ritmo lento e i personaggi che non fanno altro che rimuginare per capitoli interi su quanto avvenuto due libri prima, mi sta un po’ annoiando, tranne alcune storyline. Lo ammetto. Eppure, continuerò a leggerla, perché bene o male voglio sapere come va a finire. Forse questo vuol dire che non sono del tutto annoiata. Mi è capitato di abbandonare delle serie che erano peggiori di questa. L’unica cosa è che non mi va di spendere tutto il prezzo di copertina. Per cui, continuerò la mia strategia: ne comprerò un volume appena raggiunti i fantastici 50 punti della Giunti card e il suo sconto. E basta.

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martedì 12 maggio 2015

APOCALYPTICA!!!!

No, no, non sto delirando sull'Apocalisse o roba simile, state tranquilli...semplicemente da due settimane a questa parte non faccio quasi altro che ascoltare questo gruppo finlandese. Non badate al loro nome, anche quello è ingannatore. Potresti aspettarti un gruppo di black metal...e invece scopri questo.



Metal con il violoncello! Con il violoncello!! Poi, va bene, hanno anche un cantante, però personalmente preferisco le canzoni solo strumentali, tranne questa versione di Faraway cantata dalla cantante svedese Linda Sundblad.


Poi, fanno anche canzoni con ritmi più propriamente metal, come per esempio Hope.


E sono anche capaci di rivisitare un mito della musica classica norvegese, Hall of the Mountain King di Edvard Grieg, una delle musiche di Peer Gynt.



E ora rifatevi gli occhi con Perttu Kivilaakso...


Ok...era da un bel po' che non facevo un post del genere su un gruppo. Abbiate pazienza, mi passerà e la prossima volta scriverò qualcosa di un po' più serio e sensato. Fino ad allora...continuo alternativamente a saltellare e volteggiare sulle note di Till Death Do Us Part!


martedì 5 maggio 2015

Leggere in autobus

E' da un po', ormai, che leggo in autobus. Prima, avevo sempre qualcuno con cui chiacchierare. E ora, da quando vado all'università, mi ritrovo da sola, sia di mattina che di sera. Stare sempre ad osservare le persone mi annoia, e viste certe zone nelle quali passa il mio autobus, spesso la varietà umana che ci incrocio non è nemmeno interessante, se non qualche eccezione. Per cui, cosa c'è di meglio di un buon libro che mentre viaggio sull'autobus mi fa viaggiare anche con la mente?

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Di solito, riesco a leggere in questo modo una ventina di pagine al giorno se mi si lascia tranquilla. E' un bel po', se si conta che da quando sono all'università la sera sono spesso stanca morta e riesco a stare sveglia al massimo una mezzoretta prima che mi si chiudano gli occhi oppure che io non capisca più un'acca delle frasi. Prima, riuscivo a leggere anche una sessantina di libri all'anno...l'anno scorso, appena venti. Anche se di questo fatto incolpo un po' anche l'uomo con il cappello da capitano...per leggere Il Banchetto dei Corvi, vero titolo del quarto volume del Trono di Spade, di nuovo ci sto mettendo più di un mese, e sono circa 750 pagine. Per leggere lo stesso numero di pagine di Robin Hobb, ci metto una decina di giorni. 


Sono sempre l'unica che legge in autobus. Gli altri chiacchierano, ascoltano musica oppure stanno in silenzio. Mi è capitato raramente di vedere altre persone che lo facessero, e ogni volta cerco di spiare il titolo del libro che hanno tra le loro mani. Ciò non vuol dire però che non presto la minima attenzione a chi spesso prende l'autobus con me. C'è una ragazza dai capelli molto corti che però si sta facendo allungare una ciocca che si lega in una treccina (e sospetto che abbia copiato me o la mia amica Chris, visto che siamo state noi le iniziatrici di questo stile e che qui a Sassari sta cominciando lentamente a diffondersi), un'altra che ha un paio di orecchini stupendi a forma di Jolly Rogers. Ogni volta che la vedo, penso che dovrei trovare il coraggio di chiederle dove li ha trovati. C'è anche una coppia. O almeno, penso che siano una coppia. Un uomo e una donna sulla cinquantina, con gli occhiali, sempre silenziosi, entrano a due fermate diverse ma quando il posto accanto all'uno o all'altra è libero si siedono vicini. Altrimenti, si siedono ad un altro posto, ma mai troppo lontani. Scendono al capolinea, come me, e sono sempre l'uno accanto all'altra quando lo fanno. C'è qualcosa, una sorta di aura attorno a loro, che fa sentire che non sono semplici conoscenti, ma qualcosa di più, nonostante non li ho mai visti parlare tra loro ma soltanto scambiarsi semplici e rari sguardi. 


E poi, ci sono io, con i miei libri enormi o brevi, in francese o in italiano, di tutti i generi. Spesso, sono lasciata tranquilla...ma altre volte non è così. Ci sono giorni in cui chi si mette nei sedili di dietro comincia a spingere in avanti il mio schienale con i piedi, facendomi sobbalzare in continuazione. Ci sono ragazzi che si mettono a gridare per cercare di distrarmi. Una donna con un bambino di neanche un anno che lascia che lui mi tiri i capelli mentre il padre dice: "Se glieli tira rido". Quella volta, ho reagito, semplicemente girandomi, facendo un bel sorrisone al bambino e dicendogli "Ciao". Da allora, i genitori si mettono a distanza da me. 

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Però, nonostante questi piccoli disturbi, non penso mai di smettere. Se c'è una cosa che ho imparato ultimamente, è quella di non soffrire per chi non si merita la mia sofferenza, non smettere di essere me stessa perché potrei essere presa in giro o ritenuta 'strana', un appellativo che tanto mi insegue dalla fine della terza media se non da prima. Ci sarà chi penserà che è sbagliato eccetera. Ma non me ne curo. Io sono così. E' forse egoista, ma dall'altra parte odio le apparenze e le ipocrisie, le ho sempre odiate. A volte, riguardo le mie attività, c'è chi mi dice: "Ah, lo farei anche io se...". No cara. Fallo è basta, fregandotene degli altri. Se la gente che ti è vicina ti vuole stampata a modello standard, allora vuol dire che non ti vuole realmente bene, che non ti apprezza per ciò che sei ma per ciò che appari. E non è giusto, non è un vero sentimento. Per cui, continuerò a leggere in autobus, perché se c'è un momento della giornata che apprezzo, è quello in cui apro la zip della mia borsa ed estraggo il mio libro...

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