venerdì 3 luglio 2015

Scrupoli archeologici

Una delle cose più paradossali dell'archeologia è che alcune delle tecniche per arrivare alla conoscenza sono distruttive, cioè distruggono, in un certo modo, l'oggetto che si va a studiare. Lo scavo ne è uno degli esempi più eclatanti. Nel momento in cui si va a togliere metri di terra, a prendere reperti, ossa, e toglierli dal loro contesto originario, si va a distruggere tale contesto, senza possibilità di tornare indietro. Sapevo già questo concetto, ripetuto così spesso a lezione, ma credo di toccarlo con mano solo ora. Scavando con la cazzuola per tre giorni uno strato di cenere che gli uomini che costruirono la 'mia' canaletta misero lì, ancora calda, per rendere stabile la loro opera, e ascoltando il progetto del mio capo area di smontarla per studiarla, e poi non ricomporla più, com'è ovvio, ho riflettuto a come stiamo distruggendo il lavoro di uomini che, secoli fa, si riunirono per fare ciò che noi stiamo per distruggere. Non so bene come immaginarmeli questi uomini. Mi chiedo chi fossero, piuttosto. Contadini? Pastori? Monaci della vicina chiesa, sconsacrata da duecento anni e con pochissime probabilità di riconsacrazione, visto che, come ha trovato il mio capo area in una fonte letterario, per un certo periodo è stata trasformata in una taverna con prostitute? Chissà. In ogni caso, ci hanno messo impegno e sudore nel costruire quella semplice canaletta, si vede da quel modo così elaborato di realizzarla, tanto che all'inizio si è pensato che fosse una tomba. Mi fa uno strano effetto pensare una cosa simile, un sentimento amaro di non rispetto per quel lavoro svolto dieci secoli fa da uomini che, sulla stessa terra sulla quale io cammino ogni giorno, hanno vissuto, mangiato, amato, sono morti. Probabilmente non conoscerò mai la loro identità, ma penso a loro ad ogni passaggio di cazzuola, ad ogni misurazione delle quote di quei laterizi dallo strano simbolo ovale e che probabilmente la prossima settimana inizieremo a smontare. Cercando di non romperli troppo, però. E' un sentimento che ho condiviso anche con la paleopatologa del gruppo, anche se qui l'argomento erano gli scheletri della vicina area cimiteriale. E lei ha risposto che l'importante è portare rispetto a ciò che si andrà irreversibilmente a distruggere. Forse è questa la chiave di tutto. Il rispetto per il lavoro di chi ci ha preceduto, per migliorare la propria vita, per costituire una propria società ed identità, per l'estremo gesto di sistemare una persona che amava in un modo o in un altro prima di dirgli addio definitivamente. Forse, in questo modo, questi fatti non verranno resi del tutto vani.

2 commenti:

  1. Korê, al di là di quello che hai detto nel blog, io vedo tantissimo amore per il tuo lavoro e non riesco a non sperare che anch'io potrò mettercene così tanto :')

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Anto, scusa il lungo momento che è trascorso dal tuo commento ma ho avuto un problema al pc che sono finalmente riuscita a risolvere.

      Grazie! Facendo questo scavo mi sono accorta di molte cose, delle quali credo parlerò in un post apposito quando sarà tutto finito. Ma comunque, al di là di tutto, l'amore per l'archeologia rimane...e spero che il tuo desiderio si realizzi, Anto! :*

      Elimina

Amo i commenti, fatemi pure sapere quel che pensate dei miei post...nel bene e nel male!