venerdì 7 agosto 2015

Una mattina nella Contea


Spesso, mi lamento di dove vivo, per il fatto che sia molto isolato, perché con tutti i sempreverdi che ci sono non ho la soddisfazione di vedere le stagioni passare.  Però, ci sono volte in cui adoro le mie colline, e mi rendo conto della fortuna che ho, con questo posto che riesce sempre a sorprendermi. Basta girare l’angolo e trovare, grazie alla pulce nell'orecchio che ti ha messo un pannello bianco con una freccia verde, una stradina che ritenevi chiusa di nuovo aperta, che ti fa piombare in paesaggi degni della Contea, la terra degli Hobbit nel Signore degli Anelli di Tolkien.


 Questa scoperta l’ho fatta qualche giorno fa, in una passeggiata di fine pomeriggio che si è protratta fino a sera, tanto che quando sono tornata a casa mia madre mi ha accolta con un “Finalmente!” al quale io ho risposto con un sognante “Ho trovato la Contea”. Spronata dal fatto che non c’erano né cagnetti fastidiosi sulla strada né ciclisti (altra cosa strana, perché qui di solito non se ne vedeva neanche l’ombra), avevo infatti seguito quella freccia verde e trovato la stradina aperta e con un pannello indicante che ci potevano passare pedoni, ciclisti ed animali da soma e trasporto. Non appena ho cominciato ad addentrarmi in quel sentiero in mezzo alla vegetazione, mi è sembrato di varcare uno di quei paesaggi fantastici e pieni di pace descritti da Tolkien. Sulla mia destra, campi dai quali di tanto in tanto arrivava il suono della campana di un qualche animale al pascolo, sulla mia sinistra il bosco, davanti a me quel piccolo sentiero tra le alte piante di cardo, di more, di finocchio e selce. E dappertutto, la melodia degli uccelli, nel loro ultimo canto prima della notte, e del ruscello che scorreva sulla mia destra, quello stesso ruscello del quale fin da piccola sognavo di scoprire la fonte. Non vi dico la mia emozione quando ho visto davanti a me innalzarsi uno dei piloni del tratto ferroviario. Ne ho già trovato uno in un’altra stradina in mezzo alla foresta vicino a casa, e c’è sempre la stessa emozione di meraviglia di fronte a quelle immense arcate costruite ai tempi del fascismo. Nonostante siano qualcosa di artificiale, non penso che stonino con il paesaggio, ma che anzi gli diano più fascino.



C’era qualcosa che mi attirava, che mi diceva di proseguire per scoprire dove quel sentiero, d’improvviso più aperto, andava a finire. Ma la sera era decisamente avanzata, ed il fatto che il ciclista che avevo poco prima incrociato non fosse ancora tornato mi faceva pensare che forse il percorso era decisamente lungo. Così, seppur a malincuore, sono tornata indietro, ripromettendomi, ovviamente, che sarei tornata il prima possibile.


 Ed è quel che ho fatto ieri, alzandomi di mattina prima che iniziasse il gran caldo in modo da avere più tempo. Nella mia borsa, una bottiglietta d’acqua, la fotocamera e l'mp3, che ho ascoltato per un po’ ed infine ho lasciato perdere per lasciarmi cullare e coinvolgere dai suoni della natura. Il percorso all'inizio era forse lo stesso, ma mi riservava qualche sorpresa. Infatti, ho trovato sulla mia strada una bella tartaruga terrestre.


 Amo le tartarughe terrestri. Quelle d’acqua hanno la grazia del nuoto dalla loro, ma queste...le trovo buffe, nella loro goffaggine e nel loro coraggioso avanzare contro ostacoli vegetali e non. Ed in ogni caso, sorpresa delle sorprese, non sarebbe stata l’unica che avrei incrociato! Ben due sono seguite a quella, una che prima si è fatta annunciare per tutto il fracasso che faceva spostando la vegetazione...


 ...ed un'altra proprio nel bel mezzo del sentiero, che quando mi ha sentita arrivare si è velocemente rifugiata nel suo guscio per poi, una volta che mi sono messa davanti a lei ed ha capito che non correva alcun pericolo, lentamente, un poco ad ogni respiro, è uscita per osservarmi.



 Oltre alle tartarughe, a farmi compagnia c’erano anche miriadi di libellule nere e farfalle di tutti i colori, arancioni striate di nero, violette, bianche, e quelle grandi dalle ali color avorio ritagliate in piccoli rombi da strisce nere. Le mie preferite. Credo inoltre di aver spaventato mezza popolazione pennuta della zona, tra poiane, ghiandaie e corvi.


 Ho attraversato diverse piccole pozze d’acqua che si gettavano nel fiumiciattolo alla mia destra. Lungo il percorso, cambiava. Mutevole, poteva essere rapido quando immobile e con un’infima pellicola opaca sopra, profondo qualche decina di centimetri quanto impantanato, visibile così come coperto da strati e strati di rovi. Vicino alla prima di queste pozze d’acqua, oltre alle tracce degli pneumatici di bici, ho trovato impronte ben diverse...


 Cinghiali! Non so quanti, purtroppo non so leggere bene le tracce animali, ma sono riuscita a distinguere sia delle impronte grandi che di più piccole. Una famigliola deve essere passata lì di notte, quando tutto è calmo.


 Anche la strada, come il fiume, era mutevole. Da quel piccolo sentiero tra le erbe che avevo seguito all'inizio, si allargava per lasciar intravvedere strati di foglie cadute e muretti,  grosse pietre coperte di rovi ai quali si arrampicano fiori dalle bianche corolle a campanula o muschio, campi incolti delimitati da fichi, per poi tornare a diventare un sentierino in mezzo alla vegetazione. Personalmente, ho preferito queste parti, è bellissimo essere circondati da piante più alte di te e alberi. Ed inoltre, sulla riva del fiume, è arrivato l’albero che, per tutta una serie di motivi, dico che mi perseguita. Un enorme e maestoso salice piangente. Ce n’era già uno fuori dal laboratorio degli scavi. Ce n’è uno poco lontano dall'imboccatura della strada per la Contea. Dovunque io vada, state sicuri che ad un certo punto incrocerò un salice piangente. Molti lo vedono come un albero triste, con quei rami che s’incurvano sino a terra, ma a me non ha mai trasmesso questo sentimento. Come le querce, sono maestosi, ma se la quercia è forza bruta nella sua maestosità, il salice è grazie ed eleganza. Per questo, insieme alla quercia, è il mio albero preferito.



 D’improvviso, la strada è diventata sempre più pietrosa, finché al mio lato sinistro si è aperta in un grande campo. Dopo la natura quasi selvaggia, era come se ci fosse qualcosa di più controllato, in quello spazio. Lentamente, anche il paesaggio è cambiato, e degli alberi hanno cominciato a circondarmi. Poco prima di addentrarmi nel loro fitto ho trovato una biforcazione, ma ho preferito tirare dritto. Accanto a me, nel campo erano spuntate delle strane formazioni rocciose coperte di vegetazione che mi facevano un po’ pensare ai funghi.


 E poi, gli alberi hanno lasciato il posto alla roccia.


 Mi chiedevo decisamente dove fossi finita. Fino a che, d’un tratto, poco oltre una pozzanghera, non ho trovato una vasca scavata nella roccia.


 E a qualche metro dalla vasca...


 La fonte, tanto a lungo sognata, del ruscello di casa mia! Non vi dico che emozione è stata. Un sogno di bambina che d’improvviso si realizzava! L’acqua freschissima esce da una fenditura nella roccia, si impantana un po’ e poi diventa il fiumiciattolo che ho sempre conosciuto e del quale senza saperlo ho seguito il percorso sino alla fonte. Finalmente, ce l’ho fatta.


 Dopo la fonte, la strada diventa sempre più civilizzata, una sorta di strada bianca, come qui vengono chiamate alcune stradine di campagna. Il caldo era forte e l’ora tarda, ma la curiosità che mi spingeva sin dall'inizio della mia passeggiata c’era sempre, e mi spronava ad andare avanti, almeno fino ad avere un indizio della zona in cui mi trovavo. Così, mentre al mio lato la lussureggiante vegetazione che avevo visto prima era ormai irrimediabilmente sostituita da campi visibilmente ben tenuti e intravvedevo una prima casetta su un’altura, ho continuato. Ho scoperto diversi nuovi sentieri, uno dei quali sembra tornare a qualcosa di simile alla foresta. Gli altri, continuano in strade bianche. Tutto questo, finché, d’un tratto, non hanno cominciato ad apparire accanto a me i grandi cancelli delle case di campagna. Però, c’era anche qualcos'altro, un rumore di sottofondo che dopo il canto degli uccelli ed il mormorio dell’acqua sembrava quasi una nota stonata nel mondo. Macchine, che d’improvviso ho visto in lontananza su una superstrada, insieme ai camion. Il ritorno improvviso alla civiltà. Ma ancora, non sapevo dove fossi  finita. Così, ho continuato, finché d’un tratto è sbucato fuori un cartello stradale con scritto ‘Strada Vicinale Sos Laccheddos’. Zona mai sentita prima...ma mi sono ripromessa di cercare su internet. Quindi, sono tornata indietro, accaldata ma aiutandomi ascoltando musica, anche perché era oltre mezzogiorno e volevo andare ad un’andatura più sostenuta. Non so perché, ma ascoltare musica mentre cammino mi fa andare più veloce. Ho fatto cinque minuti di pausa alla fonte, anche per rinfrescarmi, sennò sarei morta di caldo. Avevo camminato praticamente senza interruzione per due ore e mezza. Il ritorno è stato decisamente più rapido. Ci ho messo un’oretta, senza contare la ventina di minuti che ci sono tra l’imboccatura della strada per la Contea e casa mia. Sulla strada, ho incontrato un’altra tartaruga. Credo che fosse la prima che avevo visto all'andata, perché era più o meno nello stesso punto.


 E così, sono tornata a casa. Felice per la mia impresa, e non vedo l’ora di ritornarci, anche se magari quando farà un po’ meno caldo. Mi sono informata su internet, è ho scoperto molte cose.


 La strada nella foresta si chiama ‘Strada Vicinale Barca’. Anche se di vicinale ha ben poco, visto che non c’è l’ombra di una casa. Anticamente, era utilizzata da carri e contadini a piedi che venivano dalla zona di Monte Bianchinu, a Sassari, per utilizzare i mulini che si trovano nella mia zona, alcuni dei quali oggi sono diventati case di campagna. Prende il nome dall'omonima fonte, chiamata Fonte Barca. Il perché di questo nome, ancora non l’ho scoperto, ma state sicuri che ce la farò. La fonte com'è oggi, con quel tubo che ne facilita l’uso, è stata sistemata nel XIX secolo. La strada, invece, è stata riaperta da qualche mese nell'ottica di un progetto del Comune di Sassari, che vuole riaprire alcune antiche e oggi dimenticate strade usate dalle comunità della zona fino a qualche decennio fa per poter fare un percorso di escursione e trekking che circondi la città e alla fine sia di circa 30 chilometri. Credo che sia un progetto decisamente intelligente, non solo per far scoprire la storia di questa zona ma anche semplicemente per offrire il piacere di una bella passeggiata nella natura incontaminata. Piacere del quale approfitterò senz'altro ancora e che spero di avervi fatto un po’ sentire con questo post. Grazie per aver letto, e a presto!



                



mercoledì 5 agosto 2015

Il suono della pioggia mi è sempre piaciuto. A volte diventa abituale, nei mesi d’autunno ed inverno in cui è normale che piova. Ma poi, arriva l’estate, e allora la pioggia ti sorprende una mattina particolarmente nuvolosa. Questi sono i momenti in cui arriva la pioggia che preferisco. C’è qualcosa di confortante, che va al di là del fatto che questo vuol dire che l’afoso clima rinfrescherà, in quel ticchettio ovattato così pieno e reale quando si è fuori e così sognante quando tra te e la pioggia c’è il tetto. Penso che una delle cose più belle sia addormentarsi con il suono della pioggia. Forse perché il calore delle coperte ed il fatto che il rumore sia ovattato dalle tegole trasmettono una sensazione di protezione e conforto unica, un po’ come quella che deve provare un ghiro in letargo nella sua tana. E quella luce grigia che diventa padrona del cielo e quei profumi della natura che d’improvviso risaltano amplificati su tutto il resto non fanno altro che aggiungere un tocco di magia.