venerdì 11 luglio 2014

Due ragazze

Prendono l'autobus con me, a volte, quando sto tornando a casa dopo karate. C'è ancora luce, ora, quando esco, tutta sudata e scarmigliata perché il kimono è fatto di stoffa pensante. E certe volte entrano loro due. Due ragazze. Avranno più o meno 17 anni, entrambe. Le si potrebbe prendere per due amiche del cuore. Ma c'è qualcosa, una luce nel loro sguardo, un mettersi la fronte l'una contro l'altra e guardarsi negli occhi, che ti fa pensare che ci sia qualcosa di più. Io le guardo, e non posso fare a meno di sorridere intenerita. Mentre altri invece portano loro occhiate ben diverse. Eppure, non fanno nulla di più, certe coppiette eterosessuali sono molto più affiatate, sull'autobus. Non riesco a non sorridere, e ad andare con la mente indietro nel tempo, è più forte di me, e a provare tutto quel dispiacere, quel 'se solo avessi agito in modo diverso'.

La prima volta che le ho incrociate, stavo tornando a casa, dopo l'ennesimo pomeriggio passato a piangere e a gridare, a non essere compresa. Le guardavo, e non riuscivo a non essere triste e nostalgica di quel tempo, di quella tenerezza ormai morta e sepolta che avevo vissuto anche io seduta su un autobus. Volevo chiamare, spiegare, anche se sapevo che non sarebbe servito a niente, che sarebbe stato l'ennesimo logorante buco nell'acqua. Presi il cellulare. Cercai il nome in rubrica...poi, il mio sguardo cadde di nuovo su quelle due ragazze. Allora, quasi vergognandomi per quello che stavo per fare, misi via il cellulare. Perché avevo paura che, con le mie parole, avrei rovinato loro quel momento prezioso. E non volevo.

 

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