venerdì 24 settembre 2021

Io&Lei

Ho sempre convissuto con Lei. Anche quando non la conoscevo, quando pensavo di essere sbagliata come mi dicevano tutti quelli a cui parlavo del mio dolore, con imbarazzo perché sono stata educata ad essere pudica. Lei già c'era, ad alimentarsi di ogni esperienza negativa, a imprimere quella sensazione che mi stessero bruciando con un tizzone nel mio corpo tanto da farlo chiudere sia mentalmente che fisicamente. Quando mi hanno detto, a febbraio 2020, che Lei c'era, che non ero pazza e sbagliata e che sì, soffrivo e c'era una ragione, mi sono venute le lacrime agli occhi e ho sentito quel peso che avevo addosso da 11 anni sollevarsi dalle mie spalle. 

Un anno e mezzo fa, dopo una brutta litigata che ha messo a dura prova la nostra coppia, il mio compagno mi ha imposto di prendere contatto con uno psicologo per parlare dei miei continui dolori ogni volta che cercavamo di avere un'intimità. La telefonata per prendere appuntamento l'ho vissuta con un senso di fallimento e vergogna, perché non avevo il coraggio di ammettere che da sola non ci riuscivo ad andare avanti. Tutte le persone, medici e famigliari, a cui avevo parlato, mi avevano detto che non avevo problemi di salute. E se ogni tanto avevo bisogno di correre al bagno una volta l'ora, svegliandomi anche due volte a notte, era una candida, sicuramente. Ho fatto tre cure per la candida senza mai aver fatto un tampone, e dopo quelle cure non solo il problema c'era ancora ma i miei dolori quando cercavo di avere rapporti erano peggiorati. Mi hanno detto che dovevo solo imparare a rilassarmi, che è normale per le donne provare dolore, che forse esageravo, che da lì ci passa anche un bambino e quindi cosa stavo ad impanicarmi per una semplice ecografia interna o un tampax?

Alla prima seduta di terapia ero tesa, imbarazzata e ho parlato pochissimo. Sono uscita di lì che mi sentivo un guscio vuoto e in macchina mi sono messa a piangere come una fontana. Però avevo il nome di una dottoressa, una ginecologa specializzata nel dolore, e dovevo chiamarla per prendere appuntamento. L'ho fatto. 

Beh, non sto a dirvi quindi quando fossi tesa per la visita ginecologica. L'ultima era stato per uno screening regionale del papillomavirus ed ero uscita piangendo per il bruciore che mi era venuto e perché la dottoressa mi aveva presa a male parole perché non riusciva a farmi il pap test visto che contraevo in continuazione i muscoli e dovevo rilassarmi. Mi aveva detto che se alla fine il campione così difficilmente ottenuto non fosse stato sufficiente all'analisi mi avrebbero richiamata ed ero terrorizzata. Invece, nel febbraio 2020 ho parlato del perché ero lì, ho spiegato cosa sentivo, sempre con quel senso di imbarazzo, e sono stata sottoposta per la prima volta ad uno swab test con un cottonfioc inumidito. Di nuovo è tornato quel dolore e mi sono ritrovata a contorcermi sul lettino cercando di non piangere. Ma è stato tutto. Perché finalmente, la ginecologa mi ha dato una risposta. 

Fin dai 16 anni ho sempre avuto tutti i sintomi della vulvodinia. E' una neuropatia, che manda erroneamente al sistema nervoso segnali di dolore che partono dalla vulva. In apparenza sembra tutto sano. La chiamano anche 'malattia invisibile', perché oltre all'apparenza di un tessuto sano c'è anche che gli specialisti che la conoscono sono pochissimi ed il Servizio Sanitario Nazionale non la riconosce. Si paga tutto di tasca propria. La cura comprende diversi specialisti, ginecologo, a volte urologo, psicologo e fisioterapista, perché alla vulvodinia spesso è legato anche l'ipertono del pavimento pelvico, come nel mio caso. Quel dolore fa sì che il cervello dica al corpo di proteggersi, e di conseguenza i muscoli si contraggono in una morsa che non viene mai meno. Da lì i miei problemi di bagno ed il fatto che ancora adesso ho difficoltà a rilassare i muscoli, anzi, proprio è come se non esistessero. Sto imparando pian piano a conoscerli e sentirli, e su quel fronte ho qualche piccolo risultato, anche se sto uscendo da un periodo di tre mesi in cui mi svegliavo costantemente di notte e se uscivo avevo sempre l'ansia di dover scappare in bagno. Mai trattenersi, o si rischia la cistite. E alcune ragazze ce l'hanno cronica. 

C'è poi la terapia farmacologica. Prendo sei medicinali diversi, carissimi. Ogni mese spendo circa 200 euro in medicine. Ho la fortuna di potermelo permettere, ma tante ragazze no. E' questo che ora mi fa rivoltare. 

Dai 17 anni in poi ho smesso gradualmente di recitare, di andare alle manifestazioni, di fare qualunque cosa avesse a che fare con il pubblico. Le poche volte che ho recitato l'ho fatto perché me lo avevano chiesto con insistenza i professori sapendo che ero brava, ma ero sempre estremamente tesa e le mie ultime due recite (una per il 150° dell'Unità Italiana ed una per la giornata della francofonia organizzata dall'Alliance Française) non me le ricordo con tanto piacere.

Ho passato un anno e mezzo prima in fase di completa apatia, poi in fase di rabbia, e ora sono nella fase dell'accettazione. L'accettazione ha preso però una piega che non mi aspettavo. Ad aprile è stata deposta alla Camera una proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia a livello statale. Ho iniziato a seguendo il dibattito da lontano. Poi ho iniziato a parlarne su Instagram. Questa settimana ho contattato lo snodo Non Una Di Meno di Firenze per l'organizzazione di un flash mob il 16 ottobre per supportare la proposta di legge e ieri sera ho fatto una call con un'altra sessantina di persone per capire come farlo. Mi scrivono, scrivo ad altri. Non ci penso troppo o di nuovo la buona vecchia ansia rischia di sommergermi. Capisco chi non ci vuole troppo mettere la faccia. Io ci ho messo un anno e mezzo ad informare mio padre del fatto che devo farmi un viaggio a Roma ogni tre mesi per una visita ginecologica. E mi sono commossa quando mio padre mi ha chiesto perché non gli avessi mai parlato di tutta la sofferenza che mi portavo addosso tutti i giorni.

Sto imparando di nuovo a metterci la faccia e non è semplice. Anche scrivere questo post. E' difficile venire allo scoperto su questo blog dopo così tanto, mi sono fermata spesso, ho riletto, limato, modificato. Ho sempre visto il blog come un mio spazio personale dove mostrare sì, ma non troppo. Ho mostrato raramente i lati brutti e preferito quelli belli, i libri, i film, le passioni che mi prendono all'improvviso. Ma c'è anche questa parte della mia vita ormai, fatta di visite, farmaci, analisi, sedute di psicoterapia, viaggi ed esercizi per imparare a gestire tutto che scandisce l'andare delle mie giornate e non lo voglio più nascondere. Sicuramente da tutta questa situazione c'è che mi sto risollevando dopo anni e anni di alti e bassi e non mi sono mai sentita così bene e speranzosa che quel sentirsi bene sia durevole e non una piccola parentesi prima della nuova ondata di angoscia e panico. 

Alla prossima, grazie a voi che avrete letto fin qui e grazie per la pazienza con questo post difficile 😀

In questi giorni vedrò di parlarvi dell'Architettrice di Melania Mazzucco e di Dune, tornando ai temi un po' più allegri!


(Immagine dal web).


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